Infertilità di coppia

Il fatto che molte coppie si rivolgano sempre più spesso al ginecologo lamentando difficoltà nella ricerca di una gravidanza induce a ritenere che questa condizione sia notevolmente aumentata negli ultimi anni. In realtà, se si esaminano i dati della letteratura scientifica, si può osservare che questo, almeno per la donna, non è sempre vero e che semmai un certo incremento dei casi di infertilità di coppia riguarda soprattutto il maschio.

Premesso che per infertilità si intende l’incapacità di concepire un figlio dopo un anno di rapporti regolari, non protetti, si calcola che tale problema riguardi in Italia circa il 15% delle coppie.

Non va confusa con il termine di sterilità che rappresenta una condizione di infertilità irreversibile  a causa della quale la gravidanza non è possibile.

La specie umana ha una bassa efficienza riproduttiva. In media solo un embrione su tre/quattro concepito in modo naturale riesce a svilupparsi e diventare un bambino.

Questa bassa percentuale di successo dipende prima di tutto dal fatto che almeno il 40% delle cellule uovo presentano anomalie genetiche già sotto i 35 anni e questa percentuale sale vertiginosamente con il crescere dell’età. Oltre agli embrioni che non si impiantano, di quelli che ci riescono una parte viene poi abortita: il tasso di aborto è meno del 10% a 20 anni e del 50% a 42 anni.
Da questo già si intuisce come uno dei fattori che più limita la fecondità (cioè la capacità di concepire un figlio e di portare a termine la gravidanza) è l'età.

L’età non è il solo nemico della fertilità. Altri fattori giocano un ruolo di ostacolo e di condizionamento.


Età

Uno dei fattori che più limita la fecondità (cioè la capacità di concepire un figlio e di portare a termine la gravidanza) è l'età.
La fecondità nella specie umana è massima tra i 20 ed i 30 anni; a 35 anni è la metà, a 38 anni è un quarto ed a 40 anni un decimo di quella di una donna di 30 anni. Ecco perché di fronte ad una donna che ha più di 35 anni e che ha difficoltà a concepire occorre avviare un percorso di approfondimento diagnostico quanto prima. Se invece si tratta di donna con meno di 35 anni non è necessario avviare tale programma se non dopo 12 mesi di rapporti non protetti, a meno che non esistano fattori di rischio anamnestico in uno od entrambi i membri della coppia. L’età paterna manifesta più tardivamente i suoi effetti negativi, ma già dopo i 35 anni il numero di mesi necessari in media a concepire, pur con una partner di giovane età, è doppio di quello di un uomo di 25 anni e dopo i 50 si osserva un aumento degli esiti infausti della gravidanza.

Malattie a trasmissione sessuale

(Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae, Mycoplasmi, ecc.).

In questi ultimi anni la loro frequenza è notevolmente aumentata specie tra i giovani e gli adolescenti che sono più esposti a causa dell’immaturità dei sistemi di difesa dell’apparato genitale. Di qui l’importanza della prevenzione (ad es. uso del profilattico) e dell’educazione alla salute che il personale sanitario insieme con la scuola può promuovere nel modo più consono. In ogni caso, periodici controlli ginecologici possono identificare tali condizioni e provvedere al loro trattamento, escludendone o limitandone i danni.

Abitudini alimentari e variazioni del peso corporeo

Collegate o meno all’attività fisica, esse costituiscono altri possibili cofattori condizionanti la fertilità. Sia le variazioni per difetto che per eccesso (eccessiva magrezza o al contrario obesità) rappresentano cause potenzialmente destabilizzanti il normale assetto dei cicli, inducendo spesso disfunzioni ovulatorie.

Ambiente e abitudini di vita

Inquinanti ambientali, fumo di sigaretta, droghe, bevande alcoliche, stress, problematiche sessuali, farmaci e terapie costituiscono spesso elementi interferenti più o meno pesantemente il mantenimento di una buona salute riproduttiva.

Condizioni morbose extragenitali

Condizioni morbose extragenitali (diabete, reumopatie croniche, malattie autoimmuni, disendocrinopatie)  che possono costituire fattori sistemici di condizionamento della fertilità e che non sempre possono avvalersi di diagnosi precoci e trattamenti adeguati.

Endometriosi

L'endometriosi è una malattia cronica ed ingravescente, riconosciuta ormai da qualche anno in Europa come malattia sociale (ad es. è una delle cause più frequenti di assenza dal lavoro legata al dolore mestruale) e che coinvolge l’apparato genitale e la pelvi nel suo complesso. E’ una condizione morbosa subdola che viene diagnosticata con un ritardo talora notevole (anche nove anni dopo il manifestarsi dei primi sintomi) e che può condizionare pesantemente la qualità di vita di coloro che ne sono affette oltre che la loro capacità riproduttiva.


Le coppie che hanno difficoltà a concepire sono candidate alla fecondazione assistita (PMA)?
Che cosa può fare il ginecologo esperto di fisiopatologia riproduttiva?

Questo è un aspetto importante che va chiarito. Accade sempre più spesso che coppie che ricercano spasmodicamente una gravidanza che non arriva si convincano presto della necessità di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA). Il ricorso improprio ai centri di PMA (specie se pubblici) è una delle cause principali delle lunghe attese che contraddistinguono l’attività dei suddetti centri. Occorre ricordare che la PMA rappresenta l’ultima spiaggia per le coppie infertili o subfertili e non la prima scelta. Ancora oggi, anche alla luce dei progressi che hanno contraddistinto le tecniche di PMA, la percentuale di successo in donne di 30 anni è di circa il 30%, a 35 anni scende al 25% e a 40 anni oscilla tra l’8 ed il 10%. Dunque è fondamentale che le coppie con difficoltà riproduttive vengano innanzitutto sottoposte ad un meticoloso approfondimento diagnostico prima di essere inquadrate come coppie infertili ed essere così avviate ai centri di PMA.

Un’anamnesi (storia clinica) accurata, una valutazione attenta dello stile di vita e delle abitudini alimentari e voluttuarie,  dello stato di immunità (di protezione) nei confronti di specifiche malattie infettive (rosolia, toxoplasmosi, infezione da cytomegalovirus, varicella, ecc.),  uno studio dello stato di regolazione ormonale e delle condizioni di fertilità del partner (spermiocitogramma e spermiocoltura) rappresentano le tappe fondamentali di un iter diagnostico da cui non si può prescindere per valutare lo stato di fertilità di una coppia. Tutto ciò verrà affiancato da quelle indagini strumentali (ecografia pelvica transvaginale, isterosalpingografia, ecoisterosonografia, isteroscopia, ecc.)  che si rendessero via via necessarie.

Soltanto al termine di questo iter si può indicare alla coppia un percorso terapeutico finalizzato a migliorare lo stato di fertilità  oppure avviarla alle tecniche di PMA di fronte ad  una diagnosi certa di infertilità. 


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